Ieri sera, nei miei pensieri pre-sonno, riflettevo sul
“riciclo creativo”.
Mi sono chiesta se, forse, questa formula ormai
inflazionata, non sia divenuta il paravento
di una moda/mania di usare oggetti non convenzionali per fare cose
convenzionali. Mi spiego. Molto spesso guardando gli oggetti di riciclo
creativo in rete mi sorprendo della precisione della fattura, del buonissimo
stato dei materiali, della perfetta coincidenza dei colori, dei dettagli. Tutti
pregi, certo. Ma se si tratta di riciclo non me lo spiego, qualcosa non torna. Ho
l’impressione che in alcuni casi (non penso a nessuno in particolare, giuro!) il riciclo venga prima dell’uso, e
questa è una contraddizione logica. Il
ri-ciclo non presupporrebbe che sia già avvenuto il primo ciclo? Che il
bottone sia stato un po’ di tempo nell’asola di una camicia, che il tappo di
sughero sia impregnato di buon vino, che l’alluminio abbia cotto una bella
lasagna in forno, che i bulloni siano stati sporchi di grasso nella loro
precedente vita? Se non fosse così allora il beneamato riciclo creativo,
rischierebbe di fare più male che bene... e sarebbe davvero un peccato!
Voi che ne pensate?
Intanto pubblico una cosetta che ho fatto in primavera per
il terrazzo. Si tratta un “porta vaso da
ringhiera con recupero di acqua di scolo”... un titolo un po’ lungo che già
spiega tutto. La bottiglia grande conteneva 5 litri di olio (è stato necessario tagliare il fondo), mentre quella piccolina sotto è di un probiotico (precedentemente bucherellato sul fondo): si sono incastrate perfettamente, senza bisogno di usare alcun tipo di colla. Poi sono stati sufficienti 2 fascette per fermare il tutto alla ringhiera (facendo attenzione a far coincidere il vaso sottostante!).
Il riciclo di acqua è assicurato!!!
Mentre lui, prima di essere il "porta edera", era un contenitore di olive che mi ha messo da parte la mia fruttivendola.